Un bambino seduto su una grande valigia antiquata che legge un libro al chiaro di luna sovrastato da un’enorme scritta rossa: felicità.
Lo avrete forse visto a Roma, su un cartellone pubblicitario lungo una strada o su uno schermo nella parete di una banchina della metropolitana; forse vi sarete anche chiesti se quel bambino possa dirsi felice, se un cielo stellato e la lettura di un libro possano realmente migliorare l’umore; forse vi sarete addirittura chiesti cosa sia la felicità e in cosa essa consista.
Questo il quesito su cui si è discusso a lungo, con volti noti della letteratura e non solo, nei due giorni cruciali di Libri Come, la Festa del Libro e della Lettura ospitata all’Auditorium Parco della Musica dal 15 al 18 marzo; un quesito, quello sulla felicità e il modo di raggiungerla, che attanaglia l’umanità dall’inizio dei tempi e che ha occupato la mente di molti grandi filosofi e scrittori del passato.
«Se vuoi essere felice, comincia ad essere felice» è una delle quattro citazioni cardine dell’evento: questa massima di Lev Tolstoj invita a vedere la felicità come qualcosa di raggiungibile attraverso la volontà e la perseveranza, ma nel corso delle varie rassegne — che hanno compreso presentazioni di libri, incontri con gli scrittori, vere e proprie esibizioni e quattro “lezioni di felicità” — tale concetto si fonde con altri ad esso simili, diversi o del tutto opposti. Talvolta la felicità è vista come uno scopo; altre è invece un “carburante” che ci permette di raggiungere i veri obiettivi della vita.
La scrittrice spagnola Clara Sanchez crea un parallelismo fra la ricerca di un altro sé, di un’altra persona, della verità — temi che ricorrono fin dal suo primo successo nei suoi racconti — e quello della felicità.
Sebbene oggi la felicità sia considerata quasi come un bene materiale qualsiasi, esprimibile in maniera concreta attraverso mezzi economici, essa è in realtà un concetto astratto, misurabile esclusivamente attraverso la nostra voglia di vivere. «Quale?!» potrebbe essere la risposta di Zerocalcare, che — intervistato insieme ad Atlan da Stefano Bartezzaghi — una volta ricevuto l’invito a partecipare alla rassegna si è posto la domanda forse più impulsiva: «Che cazzo c’entro io con la felicità?». Il fumettista ha poi ammesso di avere un brutto carattere e di diventare di pessimo umore anche per cose di poca importanza — come le pile scariche di un telecomando.
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